«Il rispetto delle regole impreziosisce i prodotti che realizziamo e distribuiamo».
Così l’amministratore di Orti di Puglia società agricola, Gaetano Frulli, spiega le ragioni della richiesta di iscrizione alla
Rete del lavoro agricolo di qualità. L’ammissione è giunta proprio poche settimane fa. Stiamo parlando di una realtà produttiva sorta sulle ceneri di un’altra azienda che nel tempo ha fatto tanto parlare di se, anche perle condizioni di lavoro riservate ai dipendenti: Jentu.
Dopo il fallimento, Frulli ha rilevato all’asta anche il marchio, con il capannone. E, in quattro anni, l’ha rimessa in sesto, come oggi è, a Guagnano, con 90 dipendenti in organico e un investimento appena deliberato di 2,5 milioni di euro.
L'insalata e il core business: «Mia intenzione - spiega l'imprenditore di Bari - non era solo realizzare un prodotto di qualità ma un prodotto che valorizzasse anche il territorio in cui l’azienda era ubicata e soprattutto valorizzasse le persone che in quella azienda lavoravano.
Da qui la scelta di richiedere anche l’iscrizione alla "Rete”. È stato un passo difficile che ha richiesto tanti sacrifici.
E oggi posso dire che costruire un’azienda non e facile, ma riscostruirla e ancora più difficile».
Al centro del progetto di rilancio di Jentu, Orti di Puglia pone dunque la dimensione sociale: «Il rapporto con i collaboratori è caratterizzato dal rispetto, dall'applicazione integrale dei contratti e dalla trasparenza.
D'altro canto, oggi siamo in un sistema in cui non fare "rete" e impossibile, a tutti i livelli. Bisogna fare rete - dice Frulli - mettendo le risorse umane nella migliore condizione per fare». Il rispetto della dignità dei lavoratori diventa così elemento per incrementare anche l’indice di competitività: «Per competere in un mercato che tende a globalizzarsi, i piccoli possono vincere con la qualità. E per produrre qualità occorre prima di tutto garantire qualità ai rapporti di lavoro».
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